La Metabolomica

Peter Hoffmann è un giovane e brillante matematico e fisico che insegna scienza dei materiali alla Wayne University, eppure dobbiamo a lui ed al suo illuminante libro “Life's Ratchet”, e non ad un biologo, quella che è, ad oggi, probabilmente la più bella rappresentazione di una cellula: la cellula come una città. In questa metafora la membrana cellulare può essere vista come il muro di cinta della città costituito di malta (i fosfolipidi) e mattoni (il colesterolo), in cui ci sono diverse porte (i recettori di membrana) e diversi punti doganali (i trasportatori) che impongono dei dazi in moneta (ATP) in funzione della necessità del bene in transito dalla città-cellula). In questa città ci sono diverse fabbriche (i ribosomi) che producono ogni sorta di beni (le proteine) che vengono trasportati in ogni punto della città grazie ad efficientissimi camion (chinesine e dineine) che corrono su una fittissima rete autostradale (il citoscheletro). Tutto il traffico di beni è sapientemente regolato dalle poste centrali (apparato del Golgi) che riceve le richieste e indirizza tutto alla giusta collocazione. In questa operosa città non mancano le centrali elettriche che producono energia per tutte le sue attività (i mitocondri) e le discariche per garantire l’igiene ed il decoro urbano (i lisosomi). Alcune città sono piene di parchi e di verde pubblico (i cloroplasti), in altre ormai non si vede più una foglia. Il luogo più importante e sacro di ogni città è però la sua biblioteca comunale (il nucleo), in cui è racchiuso tutto il sapere, la cultura e le tradizioni di quella città, in altre parole la sua storia e, a saperlo leggere, probabilmente il suo futuro.

La biblioteca di ogni cellula-città, di cui è costituito l’essere umano, contiene circa 21.000 volumi (i geni). Questi sono scritti in uno strano alfabeto costituito da sole 4 lettere (A, C, G, T, le basi azotate) e le parole sono costituite sempre da tre lettere (il codice genetico).  I 21.000 volumi delle città-cellule umane contengono circa 3.2 miliardi di lettere; conoscerne l’intera sequenza ha rappresentato uno dei più grandi sforzi scientifici che l’uomo ha compiuto in epoca moderna. Il progetto genoma umano  iniziò ufficialmente nel 1989 ed è stato concluso nel 2003. Il primo uomo di cui si è ricostruita l’intera sequenza genetica è stato James Watson, uno degli scopritori della struttura del DNA. All’epoca si credeva che conoscere tutto il sapere contenuto nella biblioteca della città-cellula avrebbe consentito comprendere tutto: la sua storia, i meccanismi e le dinamiche che ne regolano il funzionamento e i disservizi, e, in ultima ipotesi, di comprenderne la potenziale evoluzione. Nonostante il progetto genoma umano sia stata una sfida scientifica avvincente ed abbia contribuito in modo determinante ad incrementare le conoscenze umane circa il misterioso funzionamento della vita, i risvolti e le applicazioni pratiche di questo enorme sforzo sono stati decisamente scarsi e deludenti. Ad oggi siamo ancora lontani dallo sfruttare le ricadute di quella pletora di discipline che, si credeva, la conoscenza del genoma avrebbe generato: la farmacogenomica, la nutrigenomica ecc. Perché le cose non sono andate come previsto? I motivi sono tanti e spesso complessi, ma sono stati sapientemente racchiusi dai genetisti in una affermazione molto semplice: i geni rappresentano solo un lato della medaglia, l’altro è rappresentati dalla interazione dei geni con l’ambiente. Detta così sembra semplice… ma non lo è!
Il primo modello preso come riferimento per lo studio delle interazioni tra geni ed ambiente è stato quello dei gemelli omozigoti (quelli cioè identici). Questi individui hanno esattamente lo stesso patrimonio genetico, ad uno sguardo superficiale sembrano veramente identici, eppure non lo sono! Se, ad esempio, uno dei due gemelli si ammala di schizofrenia, il secondo gemello ha una probabilità di contrarre la stessa patologia del 48%; se i due, invece che gemelli omozigoti, fossero stati semplicemente fratelli, questo rischio sarebbe stato solo del 9% . Questa osservazione è vera, con valori diversi, per moltissime patologie (autismo, dislessia, ipertensione, sindrome metabolica, ecc.). Questa osservazione ci dice appunto che la genetica ha un ruolo determinante nella comparsa delle patologie umane, ma non racchiude in sé l’intera risposta a tutte le domande. Qual è il motivo per cui un gemello identico di ammala o meno della stessa patologia del fratello? L’interazione gene-ambiente. Ma cos’è esattamente “l’ambiente”? Il luogo geografico in cui viviamo in termini di latitudine e longitudine? il clima? l’amorevolezza delle persone che ci circondano? il cibo di cui ci nutriamo? l’inquinamento o la salubrità dell’aria, dell’acqua e del suolo che ci circondano? Tutto questo insieme? E in che modo questi fattori determinano se il nostro gemello identico preso ad esempio si ammalerà oppure no? Possiamo predirlo dall’ analisi di questi fattori? La ricerca di queste risposte richiederà uno sforzo almeno pari a quello del grande progetto genoma umano ed impegnerà gli scienziati nei prossimi decenni. A noi non resta che metterci comodi e goderci lo spettacolo… che, a dire il vero, è già iniziato!
Gli scienziati-attori di questo spettacolo si sono schierati sostanzialmente su due fronti e, sebbene sia molto probabile che alla fine convergeranno su una rotta comune, per il momento hanno creato due approcci molto diversi alla risoluzione di questo problema. Da un lato ci sono i cosiddetti epigenetisti. Questi scienziati sono legati all’idea di fondo che ha ispirato il progetto genoma umano e cioè che nella biblioteca della città-cellula, essendo contenuto l’intero scibile di conoscenze, vi è anche la chiave per comprendere perché due città-cellule, seppur identiche, possono avere avuto sorti ed evoluzioni differenti. L’idea alla base dell’epigenetica è che la risposta risieda nell’analisi dell’architettura e della logistica interna alla biblioteca. Se alcuni volumi, seppur presenti, vengono nascosti e relegati in posti difficilmente accessibili e polverosi (sotto montagne di altri libri) oppure le pagine vengono incollate le une alle altre, nessun cittadino avrà acceso a quel tipo di informazioni. Viceversa, i volumi a cui verrà dato maggior risalto, per esempio aperti sui leggii o in bacheche ben illuminate, saranno consultati da tutti i visitatori e quindi quel tipo di conoscenza permeerà la coscienza di molti. Immaginiamo due biblioteche identiche che contengano ciascuna 10 copie della Bibbia e 10 del Corano. Nella prima tutte le copie della Bibbia sono inaccessibili al pubblico mentre tutte le copie del Corano sono messe in bella mostra ed il contrario accade nella biblioteca gemella. E’ facile immaginare che la prima città molto probabilmente sposerà una fede religiosa diversa dalla seconda e che questo modificherà profondamente la cultura, le tradizioni, l’architettura ed in definitiva l’essenza stessa delle due città e quindi, probabilmente, anche il loro futuro. Gli epigenetisti credono che dalla conoscenza delle informazioni contenute nella biblioteca-nucleo della città-cellula e l’accessibilità e la disposizione di queste informazioni si possa conoscere e comprendere la cultura e l’essenza di quella città e in qualche modo anche prevederne l’evoluzione. Esiste però un altro gruppo di scienziati che non sono affatto d’accordo con questo approccio al problema. Essi credono che per conoscere profondamente una città l’unico modo possibile sia entrare in città da visitatore, esplorarla e, soprattutto, parlare con i suoi abitanti. Per sapere perché il fruttivendolo ha litigato con il macellaio bisogna chiedere al venditore di hot-dog che staziona con il suo carretto proprio difronte ai due negozi; per conoscere la religione e la religiosità di una città bisogna visitare i suoi luoghi di culto, allo stesso modo per conoscerne la storia bisogna parlare con gli anziani, per conoscerne l’economia bisogna visitare "Piazza Borsa" ed assistere alle contrattazioni, per poter prevedere la sua evoluzione è fondamentale visitare le sue fabbriche e magari parlare con gli operai e così via. Questo approccio pratico è, però, rischioso perché, se non sufficientemente ampio e rappresentativo, rischia di mostrare una visione non veritiera della città. Per esempio, il venditore di hot-dog magari è molto amico del macellaio e quindi tenderà a raccontarmi una visione del litigio con il fruttivendolo un po’ “di parte”, oppure potrei aver visitato i luoghi di culto più belli e famosi della città, ma questi potrebbero non riflettere la situazione che si vive nelle periferie e così via. La chiave del successo di questo approccio risiede nell’osservare il più possibile e parlare con il maggior numero di persone possibile e sentire più campane per ogni singolo fatto. Una volta raccolte, tutte queste informazioni frammentarie devono essere sintetizzate in un’immagine unica che rispecchi l’essenza della città o magari in una sorta di filmino che ne rappresenti l’evoluzione fino a quel momento e che ci consenta di fare inferenza su ciò che potrebbe accadere da quel punto in poi. 

La metabolomica è una delle scienze che realizza al meglio questo approccio alla ricerca dei meccanismi di relazione gene-ambiente.
Il kit MetaboPrep può essere visto come una sorta di tour operator che organizza un viaggio conoscitivo all’interno di una città consentendo di visitare tutti i luoghi chiave e di parlare con tutte le persone che possano raccontarvi il necessario per conoscere quella città. Inoltre vi consentirà, per mezzo di un praticissimo diario di viaggio, di costruire un’immagine unica della città che conserverete indelebilmente nel vostro archivio dei ricordi. 

Il tutto è maggiore della somma delle sue parti

Aristotele (384/3 a.C. – 322 a.C.)